La battaglia di Iwo Jima - La storia di una foto

Molte sono le foto famose, ma pochi conoscono la storia racchiusa in esse.





Il 19 febbraio del 1945 iniziò l'invasione americana di Iwo Jima, un'isola del Pacifico sorvegliata dall'artiglieria giapponese. 
L'isola era fondamentale per il controllo aereo americano e in vista dei futuri bombardamenti del Giappone che distava solo 660 miglia.

Gli americani decisero di iniziare ad indebolire le difese dell'isola, e lo fecero con una serie di bombardamenti, sostenuti da B-24 e B-25 che durarono ben 74 giorni consecutivi.
Fu una delle più lunghe fasi pre-invasione, che però era fondamentale per indebolire le eccellenti difese giapponesi costruite non solo in superficie ma sopratutto sotto terra dove erano presenti una serie di tunnel sotterranei, molti dei quali provvisti di mezzi di artiglieria pesante e ben nascosta.

Lo sbarco anfibio iniziò proprio il 19 Febbraio.

Il segretario della Marina, James Forrestal, accompagnato da diversi giornalisti seguiva e dirigeva le manovre da una nave da guerra nelle vicinanze.
Lo scontro fu molto sanguinoso, prima di mezzogiorno ben 550 marines erano morti e ben 1800 di loro riportavano gravi ferite.

La cattura del monte Suribachi, il più alto punto dell'isola e ultimo bastione di difesa, fu concretizzato solo 4 giorni dopo lo sbarco.
Ed è proprio questo il momento immortalato dall' iconica foto che poi fu diffusa nei giornali del tempo, con i soldati americani che insieme issavano la bandiera sull'isola.

La foto, vincitrice peraltro del premio Pulitzer fu scattata da Joe Rosenthal, giornalista dell'Associated Press il 23 febbraio 1945, e divenne subito un simbolo della Seconda guerra mondiale e una delle immagini più iconiche del secolo da cui fu tratto anche un film di Clint Eastwood: 'Flag of Our Fathers".

La storia della foto è alquanto controversa secondo alcuni arrivato sulla cima, Rosenthal scoprì che in effetti una bandiera era già stata issata poco prima, ma che si stava pensando a sostituirla con una più grande. 
Altri sei soldati stavano per issare la nuova bandiera. 

Rosenthal colse subito l'occasione, si posizionò,scelse l’obiettivo più adatto per scattare la fotografia e scatto senza nemmeno guardare nell'obbiettivo della macchina fotografica.
Non potendo sapere di avere scattato quella che sarebbe stata la foto più importante della sua vita e una delle più famose della storia, mise insieme altro materiale: radunò tutti i soldati intorno alla bandiera e scattò un’altra foto, che prese poi il nome di “gung ho”, una locuzione di origine cinese popolare nell’esercito americano per esprimere entusiasmo.



A meno di 48 ore dal momento in cui era stata scattata, finì sulle prime pagine di moltissimi giornali, in un tempo incredibilmente breve per l’epoca. 
Molti sin da subito misero in dubbio la spontaneità della foto, dicendo che probabilmente il fotografo aveva dato indicazioni per farla apparire molto più epica e artificiosa, anche se sucessive ricerche confermano la storia di Rosenthal.



I nomi dei soldati della foto non furono subito resi noti e Rosenthal non li incluse nella didascalia spedita a Guam. 



Rene Gagnon, che si sapeva con certezza fosse uno dei sei, diede i nomi degli altri: John Bradley, rimasto ferito nei giorni seguenti, Franklin Sousley, Michael StrankHenry “Hank” Hansen, tutti morti a Iwo Jima ed Ira Hayes.

Gagnon, Hayes, e Bradley, gli unici sopravvissuti, dopo Iwo Jima tornarono negli Stati Uniti, incontrarono il neopresidente Truman e partirono per una tournée per il paese per raccogliere fondi, tra il maggio e il giugno del 1945.

Negli ultimi anni sono state trovate anche delle riprese a colori di questo famoso momento :




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